La luce è per Mariano Fortuny una vocazione assoluta, il filo conduttore del suo eclettismo artistico, il fulcro del suo atto creativo. Un interesse che si legherà indissolubilmente a un’altra passione dell’artista spagnolo, il teatro, manifestatasi nel corso dell’Ottocento a Parigi. È proprio nella capitale francese che il pittore Giovanni Boldini accompagna una giovane Mariano dietro le quinte dei balli Excelsior e Sieba al Théâtre de l’Eden in rue Boudreau. Fortuny ne rimane affascinato e inizia a dedicarsi alla creazione di maquette e palcoscenici in miniatura, sperimentando nuove applicazioni dell’elettricità. Trasferitosi a Venezia alla fine degli anni novanta dell’Ottocento, avvia ricerche sull’illuminazione scenica con l’obiettivo di creare effetti artistici. Egli ritiene che l’uso della luce indiretta diffusa sia l’unico metodo che consenta di trasmettere verosimiglianza allo spettatore. Nasce, così, il leggendario “Sistema Fortuny”, una vera e propria rivoluzione della tradizione scenica del teatro all’italiana.
Si abbandonano i “cieli”, i fondali dipinti, che vengono sostituiti da proiezioni mobili, per ottenere l’effetto en plain air e dare vita a giochi di luce. Il sistema è composto da una cupola in ferro e tela, una sezione concava in forma di quarto di sfera che, inglobando la scena, agisce come un riflettore e le cui pareti in cotone sono sostenute da un’armatura metallica pieghevole ad archi tubolari, e da un meccanismo d’illuminazione indiretto, che include lampade, nastri di seta girevoli, specchi e apparecchi di proiezione. Il risultato che ne deriva è una scena illuminata in modo omogeneo, in cui si alternano sfumature di colore, e che permette allo spettatore di immergersi in un’opera d’arte totale– un concetto di ispirazione wagneriana molto caro a Mariano Fortuny – tra musica, azione e luce.
Il successo della proposta è immediato. Fortuny sfrutterà le luci indirette per le scenografie di Tristano e Isotta, in programma alla Scala di Milano nel 1900, e il sistema debutterà ufficialmente il 29 marzo 1906 con il balletto in due quadri musicato da Charles-Marie Widor, svoltosi nel teatrino privato della contessa Martine de Béarn.
Fonti:
I Fortuny. Una storia di famiglia, Museo Fortuny Venezia, Palazzo Orfei, curato da Daniela Ferretti con Cristina Da Roit, 2019
Mariano Fortuny. His Life and Work, Guillermo de Osma, V&A Publishing, 2015
Archivio Fotografico, Palazzo Fortuny, Fondazione Musei Civici di Venezia