Mariano Buenaventura Isabel Federico Mamerto Cecilio de la Santísima Trinidad nasce l’11 maggio 1871 a Granada, nella Fonda de los Siete Suelos ai piedi de l’Alhambra, dopo che la famiglia, composta dal padre pittore Mariano Fortuny y Marsal, dalla madre Cecilia de Madrazo y Garreta e dalla sorella María Luisa, aveva lasciato Parigi l’anno precedente e si era stabilita in Spagna. Il piccolo Mariano cresce circondato da artisti, pittori, architetti, critici d’arte e artigiani, che lo influenzeranno notevolmente, facendo crescere in lui un già forte rispetto per la storia e le tradizioni e un’apertura senza pari nei confronti delle altre culture, che sarà incoraggiata anche dai numerosi viaggi e spostamenti intrapresi insieme alla sua famiglia. Dopo due anni in Andalusia, infatti, nell’autunno del 1873 il padre decide di trasferire la propria residenza in Italia, a Roma, a Villa Martinori sulla via Flaminia. Morirà l’anno successivo a soli trentasei anni a causa di una breve malattia. A febbraio Cecilia accompagna i figli a Parigi, stabilendosi prima in rue des Écuries-d’Artois, poi al 152 dell’Avenue de Champs-Élysées, insieme al fratello Raimundo de Madrazo, diventato un celebre pittore e ritrattista dell’alta società parigina della belle epoque, e il figlio di quest’ultimo Cocò.
Dopo aver visitato Venezia per la prima volta, Mariano, che ha ormai sette anni, viene incoraggiato dalla madre a iniziare a dipingere, seguendo le impronte del padre dapprima sotto la guida di Raimundo, poi come allievo di Benjamin Constant, pittore di soggetti orientali e affermato ritrattista. Conosce, tra gli altri, Paul Baudry, Jean-Louis Meissonier, Leon Bonnat e Jean-Léon Gérôme e frequenta esposizioni d’arte d’avanguardia, pur mantenendo sempre un approccio tradizionale alla pittura e nutrendo una profonda riverenza nei confronti dei maestri del passato, quali Tiepolo, Rubens, Velázquez, Carpaccio, Tiziano e Tintoretto. In questi anni apprende anche le principali tecniche di incisione, si dedica ai ritratti e continua a viaggiare insieme alla famiglia, tra Venezia, Biarritz in estate, Madrid, e di nuovo Parigi. Nel 1883 il pittore Giovanni Boldini invita Mariano a una serie di balletti in scena al nuovo Éden-Théatre, dove quest’ultimo rimane affascinato da ciò che accade dietro le quinte. È qui che nascerà la sua passione per il teatro e le tecnologie sceniche.
Nel 1889, in una lettera a Raimundo, Cecilia scriverà che Parigi è ormai diventata troppo cara e troppo affollata a causa del turismo. A questo si aggiungono i frequenti attacchi d’asma di Mariano, diventato allergico ai cavalli e soggetto alla febbre da fieno. La famiglia decide, così, di trasferirsi definitivamente a Venezia, acquistando Palazzo Martinengo, a San Gregorio, vicino alla Basilica di Santa Maria della Salute e affacciato sul Canal Grande, ed esponendovi la sua ampia collezione di “objets d’art”. L’atmosfera nostalgica e le influenze orientali tipiche della città lagunare accrescono l’amore di Mariano, ormai diciottenne, per il passato tanto da spingerlo a visitare gallerie d’arte, chiese, calli e campi con in mano la sua macchina fotografica, per immortalarli e studiarli. Il salotto della famiglia diventa, inoltre, luogo di incontro artistico, letterario e musicale. Inizia così a tratteggiarsi l’approccio eclettico di Fortuny, dal quale avranno origine le molteplici sperimentazioni e ricerche da lui effettuate in una gamma vastissima di discipline.
Fonti: I Fortuny. Una storia di famiglia, Museo Fortuny Venezia, Palazzo Orfei, curato da Daniela Ferretti con Cristina Da Roit, 2019 Mariano Fortuny. His Life and Work, Guillermo de Osma, V&A Publishing, 2015